L’idea della pittura in Lévi-Strauss

ANTONIO D’AVOSSA
Delimitazione del campo
Attraversiamo in diagonale l’opera di Claude Lévi-Strauss a partire dall’articolo The Art of Northwest Coast at the American Museum of Natural History, apparso nel 1943 nella «Gazette des Beaux Arts» di New York, sino alla più recente ricerca, pubblicata nel 1975, La voie des masques.
Sicuramente le tracce, a volte disperse, di questo percorso concorrono alla configurazione di una teoria dell’arte, e più ancora di un sistema della pittura, nell’opera dell’antropologo francese. Singolarmente, infatti, a più di trent’anni di distanza, l’analisi delle maschere della Costa del Northwest ripropone, ma con una metodologia ormai accertata, una polemica attenzione alle produzioni estetiche di quelle popolazioni.
I capitoli XIII e XIV dell’Antropologia strutturale, uno studio comparato delle arti dell’Asia e dell’America, e l’analisi della pittura facciale dei Caduvei, contenuta in Tristi Tropici, aprono l’orizzonte di un’ipotesi di grande interesse per comprendere l’evoluzione del suo pensiero estetico.
Ne Il pensiero selvaggio l’arte viene situata a metà strada tra la conoscenza scientifica e il pensiero mitico o magico. Nell’Ouverture a II crudo e il cotto, dopo alcune importanti considerazioni sulla pittura e la musica, Lévi-Strauss riprende la comparazione innescata nell’Antropologia strutturale per la lettura delle strutture dei miti come una partitura d’orchestra trascritta da un dilettante perverso, così come tutta la materia della Mitologica è organizzata sul modello della struttura pluridimensionale e sincrodiacronica delle forme musicali quali la cantata, la sonata, il preludio, la fuga, etc.
La musica viene a costituire, così, una via mediana tra l’esercizio del pensiero logico e la percezione estetica. Il Finale della Mitologica è interamente dedicato a una sorta di polemica chiarificazione-difesa di quelli che sono stati i temi sviluppati dallo strutturalismo lévi-straussiano fino a quel momento. Non a caso, la controcritica si snoda sulla fortuna che lo strutturalismo ha ricevuto in questi
ultimi anni e procede per linee d’attacco, a volte feroce, verso le arti figurative contemporanee, le ultime tendenze della ricerca letteraria, e le critiche ad esse collegate, per finire con una lucidissima analisi del «Bolero» di Ravel svolta con strumenti squisitamente strutturali.
Ma l’interesse dell’etnologo per l’arte non si ferma qui. Nel 1959 Lévi-Strauss concede alla radio francese una serie di Entretiens con Georges Charbonnier, che sono per la maggior parte dedicati specificamente al tema dell’arte. In Anthropologie structurale deux, con un articolo sull’opera di Pablo Picasso, l’autore ci offre la possibilità di completare la trama degli scritti e dei momenti in cui la sottolineatura dell’importanza dello studio dell’arte come una espressione, tra le altre, della cultura di una società, motiva i suoi interessi per questi temi.
Infine, ne La voie des masques, due volumi ricchissimi di riproduzioni scultoree, il tentativo di analisi è diretto verso una lettura strutturale delle maschere di alcune popolazioni del Nordamerica, con un metodo già sperimentato nell’investigazione sui miti.
I personaggi soprannaturali che esse rappresentano, la loro forma, i colori, i dettagli dei loro ornamenti, arbitrari ad una osservazione separata, trovano un senso se ogni tipo di maschera non viene osservata in se stessa e per se stessa, ma Continua a leggere